L’allarme delle Pro loco: «Sagre e feste a rischio»
Associazioni strangolate da burocrazia e norme sulla sicurezza. Pagnussat (Unpli): «Lavoriamo con la paura di sbagliare, manca serenità»
di Martina Reolon

BELLUNO. «Siamo sulla buona strada per far morire il volontariato». È la considerazione pressoché unanime dei presidenti delle Pro loco, ma anche di chi si trova a guidare altre realtà associative e comitati organizzatori di eventi. Norme troppo restrittive e una burocrazia asfissiante stanno rendendo molto complicata la vita dei volontari che, con le loro iniziative, animano i paesi, attirando spesso molti visitatori da fuori provincia.

Le regole e la sicurezza devono essere rispettate, su quest’aspetto nessuno transige e tutti sono d’accordo, ma è necessario che si intervenga per avere un occhio di riguardo nei confronti del volontariato che, se le cose non dovessero cambiare, rischia di sparire. «Non c’è dubbio sul fatto che i controlli debbano esserci e che la sicurezza sia da garantire in toto. Siamo i primi a volerlo e ritenerlo necessario», sottolinea Espedito Pagnussat, presidente dell’Unione delle Pro loco bellunesi. «Spesso, però, capita che le certificazioni richieste siano ripetitive ed eventuali nuove restrizioni rischierebbero di penalizzare ulteriormente il mondo del volontariato. Perché di volontari si tratta, anche se la legislazione equipara le Pro loco a delle aziende».

Le normative hanno subito un ulteriore inasprimento a seguito di alcuni avvenimenti accaduti in Italia, da Torino a Molinetto della Croda. Ci sono poi le disposizioni antiterrorismo previste dal decreto Minniti, a cui si aggiungono la circolare Gabrielli e, ultima in ordine temporale, quella Morcone, per la sicurezza in occasione di manifestazioni pubbliche. «Vogliamo lavorare nel rispetto delle norme, ma con serenità», dice ancora Pagnussat. «Una serenità che, negli ultimi anni, purtroppo non c’è più».

Tant’è che qualcuno sta pensando di “gettare la spugna”. È il caso di Eugenio Garlet, presidente della Cooperativa La Fiorita, che con la squadra di volontari organizza la Festa della patata di Cesiomaggiore. Un evento che va avanti da 18 anni e che richiama migliaia di persone. «Purtroppo la manifestazione è a rischio, non si può andare avanti così. Quest’anno la festa ci sarà, ma forse per l’ultima volta», dice con amarezza Garlet. «Bisogna produrre una marea di carte e i piani di sicurezza hanno un costo, che il mondo del volontariato fa fatica a sostenere. Bisogna inoltre garantire la presenza di figure formate e in possesso di determinati requisiti: non sempre è facile trovarle. A questo si sommano le responsabilità troppo pesanti attribuite ai volontari sul piano giuridico. Ne ho parlato anche con l’amministrazione comunale: se non cambia qualcosa il 2018 sarà l’ultimo anno della Festa della patata».

Molto preoccupata, oltre che demotivata, è anche Donatella Boldo, presidente dell’associazione Palio di Feltre. «Le normative sono indispensabili, ci mancherebbe, ma dovrebbero essere tarate sulla realtà a cui si applicano. Il modello pensato per Torino non può essere applicato ovunque», mette in risalto. «L’edizione dello scorso anno del Palio è stata “blindata”. Dall’inizio alla fine ho vissuto il tutto con una grande tensione. Finisco il mio mandato ad agosto e non ho intenzione di continuare, non riesco più a sostenere incombenze così pesanti». «I quartieri già faticano a trovare un ricambio», continua, «e tutti questi vincoli faranno perdere l’entusiasmo. Le stesse cene dei quartieri potrebbero essere a rischio, così come sono

state finora portate avanti. Ora, dobbiamo riunirci attorno a un tavolo per capire cosa prescrive la circolare Morcone, che pare ancor più restrittiva. E sono d’accordo con Luciano Gesiot sul fatto che, per organizzare Palio e Mostra dell’artigianato, ci vorrebbe un unico comitato».

dal Corriere delle Alpi del 17/04/2018